L'ipotesi che lo stile di vita dell'uomo ancestrale abbia contribuito per gran parte alle caratteristiche genetiche dell'uomo attuale e che l'elevata incidenza delle attuali principali malattie sia il risultato di un'incongruenza tra stile di vita e DNA è piuttosto recente. Fin dall'inizio è stato detto che la conoscenza delle abitudini di vita ancestrali rappresenta solo una guida su cui effettuare ulteriori studi che ne valutino gli effetti dell'applicazione nell'uomo attuale. Negli anni a seguire, l'interesse per l'argomento è notevolmente aumentato e grazie alle nuove ricerche si è potuto avere un quadro un po' più chiaro riguardo sia alle abitudini di vita dei cacciatori-raccoglitori sia ai risultati dell'applicazione di queste nell'uomo contemporaneo.Molti aspetti devono essere ancora chiariti, ma i risultati della ricerca si stanno verificando molto incoraggianti e stanno chiaramente confermando la validità dell'approccio evoluzionistico.
Secondo diversi autori il nostro attuale patrimonio genetico, sarebbe stato probabilmente selezionato dalle abitudini di vita dell’uomo paleolitico vissuto tra circa 100000 e 10000 anni fa (1-3). Sebbene l’evoluzione sia un processo continuo, l’adattamento genetico richiede molto tempo e come è dimostrato ad esempio dalle alterazioni della pigmentazione, l’evoluzione genetica durante i successivi millenni è continuata, tuttavia le basi dei processi biochimici e fisiologici si sono preservate (4).
Per quanto il genoma umano sia rimasto in gran parte invariato, lo stesso non si può dire dello stile di vita.
A partire dalla comparsa del genere Homo, l’uomo e i suoi antenati, sono vissuti come cacciatori-raccoglitori per circa 84.000 generazioni.
A questo punto la questione più sollevata è che la ragione per cui erano pressoché assenti nell'uomo paleolitico, sta semplicemente nel fatto che a quei tempi non si viveva abbastanza a lungo per poterle sviluppare. Stando a questo modo di vedere le cose, queste malattie dovrebbero riguardare solo soggetti di età avanzata, ma in realtà non è così che stanno le cose, dal momento che come detto poco fa, alcune di queste sono in allarmante aumento anche nei giovani.
Inoltre Carrera Bastos et al. (5) presentano dati ricavati dallo studio di recenti popolazioni non ancora civilizzate, in cui è stato rilevato uno stato di salute di molto superiore rispetto a
quello che si riscontra oggi nella moderna civiltà, più precisamente:
- Bassa incidenza di malattie quali sindrome metabolica, diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari, cancro, miopia e acne in cacciatori-raccoglitori, orticoltori e pastori tradizionali, rispetto alle attuali popolazioni occidentalizzate e persino rispetto agli antichi egizi e agli europei del periodo medioevale.
- Pressione arteriosa più bassa.
- Mancata associazione tra aumento della pressione arteriosa ed età.
- Indice di massa corporea più basso.
- Maggiore salute dell’osso e minor incidenza di fratture.
- Minor concentrazione plasmatica di insulina a digiuno e persistente eccellente sensibilità all'insulina, tra gli individui adulti e anziani in popolazioni non occidentalizzate, che hanno mantenuto il tipico stile di vita ancestrale.
- Rapporto circonferenza vita/altezza più basso.
- Concentrazione plasmatica di leptina più bassa, in orticoltori e cacciatori-raccoglitori rispetto a maratoneti e svedesi sani.
- Maggiore VO2max.
- Migliore acutezza visiva.
- Inoltre in una recente valutazione dei profili di mortalità di cacciatori-raccoglitori attualmente esistenti, è stato concluso che l’aspettativa di vita adulta modale corrispondeva a 68-78 anni e che era possibile raggiungere i 60 anni di età, senza segni e sintomi di malattie cronico degenerative, le quali nei paesi civilizzati non solo sono in aumento negli adulti ma stanno riguardando sempre più anche gli individui più giovani.
Da questo si deduce chiaramente che sebbene l'età avanzata sia un fattore di rischio, non risulta essere l'unica prerogativa per lo sviluppo di queste malattie, ma bisogna anche considerare che ci sono dei fattori scatenanti che secondo la medicina evoluzionistica andrebbero ricercati nel cambiamento dello stile di vita, quindi:
- Inquinamento
- Sedentarietà
- Alimentazione
- Riduzione dell’esposizione al sole
- Stress cronico accoppiato ad una riduzione del sonno
Prima di analizzare questi fattori uno ad uno, facendo riferimento alla bibliografia scientifica nel tentativo di capire per quanto possibile, se e in che modo questi possono influenzare lo stato di salute, concludo l'argomento precedente considerando che in seguito alla ricostruzione di quale fosse l’aspettativa di vita dell’uomo ancestrale, si è ampiamente diffusa la convinzione che le condizioni di salute fossero state decisamente precarie dal momento che la vita media era molto più bassa rispetto ad oggi. Quello che non si considera però è che la vita media è un parametro utilizzato per determinare un età media di morte di un gruppo e ci dice molto poco sulla longevità, la salute individuale e le cause di morte. A tale proposito, dati archeologici rivelano una situazione ben diversa dal mito del pacifico buon selvaggio. Al contrario, le condizioni di vita erano brutali, caratterizzate da conflitti, guerre, sacrifici umani e infanticidi, che pesavano significativamente sulla mortalità (8) (e quindi abbassano di molto la vita media) a cui bisogna aggiungere altri eventi come ad esempio infezioni, i vari pericoli della natura e l’assenza della medicina; senza dimenticare che la riduzione di efficienza fisica dovuta sia all'invecchiamento che ai traumi poteva comportare la morte, per il semplice fatto che riduceva la capacità di procacciarsi il cibo e di lottare adeguatamente. Pertanto l'elevata mortalità non è attribuibile ad un precario stato di salute.
Bibliografia
(1) Nils Halberg et al, Effect of intermittent fasting and refeeding on insulin action in
healthy men, J Appl Physiol 2005 p.2128
(2) Manu V. Chakravarthy and Frank W. Booth, Eating, exercise, and “thrifty” genotypes:
connecting the dots toward an evolutionary understanding of modern chronic diseases, J
Appl Physiol 2004, p.3
(3) Melvin Konner and S. Boyd Eaton, Paleolithic Nutrition : Twenty-Five Years Later,
Nutr Clin Pract 2010, p.594
(4) S Boyd Eaton, Melvin J Konner, and Loren Cordain, Diet-dependent acid load,
Paleolithic nutrition, and evolutionary health promotion, Am J Clin Nutr 2010 pag. 295
(5)Carrera-Bastos et al., The western diet and lifestyle and diseases of civilization,
Research Reports in Clinical Cardiology 2011
(6)R. S. Kuipers et al., Estimated macronutrient and fatty acid intakes from an East
AfricanPaleolithic diet, British Journal of Nutrition 2010, p.1
(7)L. Cordain et al, The paradoxical nature of hunter-gatherer diets:meat-based, yet nonatherogenic,
European Journal of Clinical Nutrition 2002, p. S42
(8) Keeley LH. War Before Civilization. Oxford: Oxford University Press, 1996.
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