Durante l'età della pietra, gli uomini si nutrivano esclusivamente con gli alimenti che
potevano cacciare e raccogliere dal loro ambiente di vita, così com'erano. I cereali presenti a
quei tempi in forma selvatica erano disponibili stagionalmente e non essendoci campi coltivati, erano difficili da reperire in
quantità e da lavorare.
La scoperrta
dell’agricoltura ha determinato un cambiamento radicale dell’alimentazione con
l’introduzione consistente e come base alimentare per tutto il periodo dell’anno
dei cereali nella dieta umana.
Se da un lato questo ha permesso di creare una nuova
era in cui ha potuto avere inizio lo sviluppo della civiltà, dall’altro secondo
O’keefe et al., si è riscontrato un
peggioramento delle condizioni di salute.
L’alimentazione
a base di cereali infatti, risultava essere troppo povera dal
punto di vista nutrizionale in confronto a quella adottata dai
cacciatori-raccoglitori, che si nutrivano con abbondanti frutta, verdura e cibi animali.
In
coincidenza, evidenze archeologiche dimostrano che in corrispondenza
dell’avvento dell’agricoltura si sono verificati una riduzione dell’aspettativa
di vita e della statura, con aumento della mortalità infantile, osteoporosi,
rachitismo e carenze di vari minerali e vitamine (1).
Con il passare
dei secoli, nuovi processi di lavorazione hanno prodotto cereali sempre più
raffinati, fino ad arrivare agli zuccheri sintetici, quindi con un elevato indice glicemico.
Il carico
glicemico è un concetto che è stato introdotto successivamente all’indice
glicemico, dettato dall’esigenza di avere un quadro più chiaro dell’effetto
metabolico che può causare un alimento e corrisponde al prodotto dell’indice
glicemico per la quantità di carboidrati contenuti nell’alimento preso in
esame, (infatti un alimento può avere un
indice glicemico elevato e nonostante ciò avere un carico glicemico più basso
per il semplice fatto che contiene pochi carboidrati, come ad esempio nel caso
delle carote bollite).
L’assunzione
elevata di questi alimenti causa rapide variazioni dei livelli di insulina e
della glicemia, che possono causare un ritorno anticipato della fame e un
aumento della concentrazione di acidi grassi liberi.
A tale
proposito Ludwig et al. (2), hanno dimostrato che pasti con
differente composizione, determinano effetti completamente diversi sul
metabolismo, sulla percezione della fame e sull'assunzione di cibo, pur
apportando la stessa quantità di energia.
Infatti è
stato rilevato che adolescenti obesi assumevano il 53% di energia in più in
seguito al consumo di un pasto a base di avena istantanea (quindi con un
elevato indice glicemico), rispetto ad un pasto isocalorico a base di avena
integrale (a medio indice glicemico) e ancor più interessante, l'assunzione
energetica era maggiore dell' 81% in seguito all'assunzione di due pasti ad elevato
indice glicemico a base di avena istantanea, rispetto a due pasti equivalenti
dal punto di vista energetico, ma a base di frutta, frittata e verdure.
Sono inoltre
state monitorate la glicemia e le concentrazioni ormonali, dove la
concentrazione di insulina era più elevata in seguito al pasto ad elevato
indice glicemico a causa del rapido assorbimento del glucosio. Al contrario la
concentrazione plasmatica di glucagone era soppressa, molto probabilmente a
causa del basso contenuto in proteine e dell'effetto inibitorio dell'insulina.
Complessivamente in condizioni normali questo determina l'assunzione di
glucosio da parte del muscolo e del fegato e del tessuto adiposo,
contemporaneamente all'inibizione della lipolisi e della produzione epatica di
glucosio.
Pertanto la
glicemia era minore in seguito al consumo del pasto ad elevato indice glicemico
rispetto a quello a medio indice glicemico. Di conseguenza il ritorno
anticipato della fame (generalmente di alimenti dolci) può essere visto come un
tentativo dell'organismo per ripristinare l'omeostasi energetica, determinando
così un ulteriore peggioramento della situazione.
Elevate
concentrazioni di glucosio e insulina sono state associate ad un incremento del
rischio cardiovascolare, tra cui un aumento dello stress ossidativo e della
glicosilazione delle proteine, ipertensione, riduzione della funzione
endoteliale e alterazione del profilo lipidico (3).
Più
precisamente è stato dimostrato che l’aumento del consumo di alimenti ad
elevato indice glicemico e carico
glicemico, aumenta il colesterolo LDL e
la concentrazione plasmatica di trigliceridi, mentre diminuisce il colesterolo
HDL (4).
Inoltre, vi
sono crescenti evidenze che associano questo tipo di diete, ad un possibile
aumento della secrezione di citochine proinfiammatorie quali TNF alfa, IL-6 e
IL-18 (5) e del rischio di diabete di tipo 2 (6,23).
Pertanto,
l’iperglicemia acuta postprandiale è stata riconosciuta come un fattore di
rischio cardiovascolare più importante dell’iperglicemia a digiuno (24).
Al contrario
una dieta a basso indice glicemico e carico glicemico ha importanti effetti
protettivi nel miglioramento del profilo lipidico e del rischio
cardiovascolare, ed è stato dimostrato essere una misura efficace nella
riduzione dell’obesità, del colesterolo LDL (7) e nel miglioramento dell’attività
fibrinolitica (8).
Alla luce dei
dati evidenziati dalla ricerca, anche la vecchia piramide alimentare è stata
rivisitata. Le attuali raccomandazioni consigliano pertanto di limitare il
consumo di carboidrati raffinati e di seguire un’alimentazione ricca di cereali
integrali, frutta e verdura.
Un altro
parametro importante, ma meno considerato, è l’indice insulinemico, che
corrisponde alla capacità di un alimento di innalzare i livelli di insulina nel
sangue.
È interessante
notare che un basso carico glicemico non necessariamente corrisponde sempre ad
un basso indice insulinemico. È il caso ad esempio del latte e alcuni suoi
derivati, come lo yogurt che malgrado il basso indice glicemico, hanno un
indice insulinemico simile a quello del pane bianco(Tab.4).
Alimento
|
Indice glicemico
|
Indice insulinemico
|
Pane bianco
Lattosio
Latte
Yogurt
|
100
68+-8
30+/-4
15+/-3
|
100
50+/-6
90+/-8
98+/-11
|
Un’elevata
assunzione di alimenti insulinotropici, oltre all’eccessiva stimolazione
dell’insulina, causa anche l’aumento della produzione del fattore di crescita
insulino- simile (IGF-1), con conseguente aumento del segnale di insulina e
IGF-1 (IIS).
Il IIS è un
percorso neuroendocrino che si è conservato attraverso la filogenesi e regola
meccanismi di risposta coinvolti nella regolazione della longevità e del
metabolismo.
Questo
processo è stato analizzato nel nematode C.
elegans, dove l'attivazione di DAF-2 (recettore di IGF-1 e insulina),
innesca una cascata di eventi che porta all’attivazione di AGE-1 (omologo al
PI3K) e delle serin/treonin chinasi a valle (PDK-1,AKT-1 e AKT-2).
Una volta
attivate, le AKT-1 e AKT-2, fosforilano il fattore di tracrizione DAF-16 (che è
l’omologo delle proteine FoxO) determinandone l’estrusione nel citosol e
inattivandolo.
Al contrario
in caso di un basso IIS, DAF-16 attivato migra nel nucleo dove può transattivare
o inibire centinaia di geni bersaglio (10).
Nei mammiferi,
analogamente agli invertebrati, un processo cruciale nella regolazione dei
fattori FoxO, è dato dalla fosforilazione AKT-dipendente mediata da IIS. Tuttavia a differenza degli
invertebrati nei mammiferi vi sono 4 isoforme dei fattori FoxO (FoxO1, FoxO3,
FoxO4 e FoxO6).
Tutto questo
significa che un persistente IIS, porta attraverso una complessa cascata di
eventi alla fosforilazione dei fattori FoxO, con conseguente inattivazione.
È interessante
notare che le proteine FoxO, sono coinvolte nella regolazione di una serie di importanti processi fisiologici
riguardanti ad esempio l’omeostasi del glucosio, l’angiogenesi, le cellule
staminali, le funzioni immunitarie, muscolari e neuronali. Inoltre, in
organismi invertebrati, FoxO è stato chiaramente associato ad un aumento della
longevità (11).
La tipica dieta
dei paesi civilizzati, con l’elevata assunzione di alimenti ad elevato carico
glicemico e prodotti caseari insulinotropici, oltre all’eccessiva stimolazione
insulinica,
causa l’aumento cronico della produzione del
fattore di crescita insulino simile IGF-1, dove alla luce delle numerose
funzioni metaboliche regolate da FoxO e vista l’inattivazione di questi fattori
operata dalla sovrastimolazione del IIS, questa condizione è stata associata ad un aumento del rischio
dell’incidenza di alcuni tumori (prostata, seno, colon-retto), diabete di tipo
2 e acne (12).
A conferma di
ciò è stato riscontrato, che soggetti con la sindrome di Laron, una malattia
genetica che porta ad una severa deficienza del recettore di IGF-1 e alla
deficienza congenita di IGF-I, al di là della gravità della loro malattia, non
sviluppavano diabete di tipo 2, cancro e acne , mentre al contrario
queste malattie risultano essere più frequenti nel caso di patologie
caratterizzate invece da un aumento della produzione di IGF-1 e GH.
1.
Diabete: l’eccessivo IIS tipico della dieta
occidentale, può contribuire alla diminuzione dei livelli di FoxO nei nuclei
delle cellule beta pancreatiche e quindi promuovere stress ossidativo e danno
cellulare, con conseguente insorgenza precoce dell’invecchiamento della cellula
beta e apoptosi. Nel diabete di tipo 2, alcune conseguenze dello stress
ossidativo sono lo sviluppo dell’insulino-resistenza, disfunzione delle cellule
beta pancreatiche, intolleranza al glucosio e disfunzione mitocondriale. Inoltre
FoxO1 inibisce la proliferazione delle cellule beta pancreatiche e FoxO1 è
regolato negativamente dal IIS. Per cui il persistente IIS, induce
proliferazione e apoptosi delle cellule beta pancreatiche, laddove l’incremento
di questi fenomeni è una caratteristica
del diabete di tipo 2.
2.
Cancro: l’incremento del IIS è stato implicato nello
svolgere un importante ruolo nell’aumento del rischio di neoplasie epiteliali,
come cancro al seno, alla prostata e all’intestino colon-retto. Il IIS regola
la distribuzione nucleare delle proteine FoxO, che sono sempre più considerate
l’unico bersaglio cellulare per combattere il cancro, alla luce dei loro
effetti proapoptotici e per la loro abilità nel portare all’arresto del ciclo
cellulare. Le proteine FoxO sono coinvolte nel controllo dell’angiogenesi,
della proliferazione delle cellule staminali, dell’adesione cellulare, della
risposta allo stress ossidativo e
dell’immunità innata e acquisita. Lo stress ossidativo è il risultato di uno in
uno squilibrio tra la produzione di radicali liberi e antiossidanti, laddove i
fattori FoxO intervengono nella riduzione dello stress ossidativo. Inoltre
FoxO1, riduce la respirazione mitocondriale e la formazione di radicali liberi.
Pertanto l’aumento cronico del IIS, con la consecutiva down-regulation dei
livelli nucleari di FoxO, può quindi contribuire all’insorgenza del cancro. A
conferma di tutto ciò, è interessante notare che un’indagine mondiale sulla
sindrome di Laron, ha rilevato che nessuno su 230 soggetti aveva sviluppato il
cancro.
3.
Acne: l’acne è una malattia molto frequente negli
adolescenti dei paesi occidentalizzati ed è invece assente nelle popolazioni
che seguono una dieta più vicina al modello paleolitico e nei soggetti affetti
dalla sindrome di Laron. Come per il diabete di tipo 2 e il cancro, questa
malattia è stata associata all’elevato IIS e alla deficienza dei fattori FoxO.
È comunque
interessante notare che ancora una volta, questa eccessiva assunzione di
alimenti insulinotropici introdotti con la rivoluzione agricola e soprattutto
negli ultimi decenni, è una condizione molto recente dal punto di vista
evolutivo, dove invece la dieta paleolitica è stata caratterizzata per milioni
di anni da un basso IIS.
Un altro
alimento quasi assente nella dieta dell’uomo del paleolitico e che oggi invece
è fortemente raccomandato sono i cereali integrali.
Tuttavia il
consumo cronico questi alimenti, nonostante gli indiscussi benefici del basso indice glicemico, potrebbe essere
associato ad un’alterazione della mucosa intestinale, con conseguente aumento
della permeabilità.
Più
precisamente in un recente articolo pubblicato su Research Reports in Clinical
Cardiology, Carrera-Bastos et al. (13) hanno riportato i motivi per cui un
consumo cronico di cereali e legumi può essere dannoso.
Se ne
riassumono i contenuti principali.
Una barriera
intestinale compromessa, potrebbe aumentare il passaggio di antigeni dal lume
alla circolazione periferica, un fenomeno conosciuto come endotossiemia.
Questi antigeni provenienti dal cibo, virus e
batteri, causano l’attivazione dei recettori Toll-like dell’immunità innata,
che attraverso una complessa cascata di trasduzione del segnale porta all’attivazione di fattori
trascrizionali, come NFkB che migra nel nucleo cellulare e codifica per
citochine infiammatorie, chemochine infiammatorie, molecole di adesione
endoteliali, enzimi che producono molecole effettrici, determinando nel
complesso la generazione di una risposta infiammatoria.
Pertanto
l’endotossiemia di basso grado che è causata da alterazione della permeabilità
intestinale, può portare ad un’infiammazione cronica di basso grado che è un
fattore alla base delle cosiddette malattie della civilizzazione.
Alcuni fattori
che possono contribuire alla
permeabilità intestinale sono: l’assunzione di farmaci antiinfiammatori non
steroidei, alcool, alterazioni della flora intestinale e alcune sostanze che si
trovano nel frumento, nei legumi ed in alcune solanacee: gliadine, lectine e
saponine.
Per cui un
consumo cronico di queste sostanze può contribuire all’infiammazione cronica di
basso grado.
A questo
riguardo recenti evidenze mostrano che alcuni cibi, come crema di latte, burro
e zucchero, permettono il passaggio di antigeni dal lume intestinale alla
circolazione, portando all’attivazione dei recettori Toll-like.
È interessante
notare che in uno studio, questi eventi erano prevenuti attraverso un’elevata
assunzione di succo d’arancia, forse perché contiene flavonoidi con proprietà
anti infiammatorie e anti radicali liberi.
È stato
recentemente scoperto che la gliadina, una prolammina contenuta nel frumento,
aumenta la permeabilità intestinale inducendo la produzione di zonulina da
parte degli enterociti.
Più precisamente,
la gliadina si lega al recettore chemochinico CXCR3 espresso dalle cellule
epiteliali dell'intestino e mediante la proteina adattatrice MyD88 induce
l'aumento del rilascio di zonulina.
La zonulina,
legandosi al proprio recettore nelle
cellule intestinali, determina l'attivazione della fosfolipasi C, che
attraverso una cascata di eventi porta all'attivazione della PKCα, che
catalizza la fosforilazione di proteine bersaglio che porta complessivamente ad
un riarrangiamento della struttura di actina e il conseguente dislocamento
delle proteine che compongono le giunzioni serrate (tra cui ZO-1), che porta
infine all'aumento della permeabilità intestinale.
Ѐ interessante
notare che questo fenomeno che è molto più marcato nei celiaci, interessa anche
gli individui normali (14).
Inoltre
secondo Visser et al. l'aumento della
permeabilità intestinale unita ad altri fattori tra cui la predisposizione
genetica, sembrano essere i componenti chiave nella patogenesi delle malattie
autoimmuni (15).
La gliadina
(che è resistente alla cottura e alla digestione) è in grado di interagire con
il tessuto linfoide associato all’intestino, stimolando la risposta immunitaria
innata sia nei celiaci come nei non celiaci (invece la risposta immunitaria
adattativa è tipica solo dei celiaci). Questi effetti sono più marcati nei
celiaci, ma sono presenti anche nei non celiaci.
Per queste ragioni
è possibile dedurre che il consumo cronico di frumento, così come avviene nelle
società civilizzate, possa portare ad un aumento dell’infiammazione cronica di
basso grado.
È interessante
notare che il glutine di frumento è stato correlato alla sclerosi multipla,
diabete di tipo 1, psoriasi, nefropatia e artrite reumatoide.
Inoltre in una
dieta vegana senza glutine, dopo un anno è stato possibile riscontrare una
significativa riduzione della malattia e del colesterolo LDL ossidato, in
pazienti con artrite reumatoide, e contemporaneamente aumentare le
immunoglobuline M contro la fosforilcolina (anti-PC IgM).
Questo può
essere rilevante, in quanto bassi livelli di anti-PC IgM sono stati associati
alle malattie cardiovascolari.
E ancora,
livelli di anti-PC IgM comparati con individui svedesi in salute, sono stati
riscontrati essere significativamente più elevati in una popolazione del Kitawa, che nel momento della misurazione, si
alimentavano con pesce, noci di cocco, frutta e tuberi , senza cereali, e prodotti
lattiero-caseari, zuccheri e grassi aggiunti, ed erano virtualmente liberi da
malattie autoimmuni, osteoporosi, obesità, insulino-resistenza, diabete di
tipo2, malattie cardiovascolari e acne.
Le lectine,
sono glicoproteine riconosciute essere non tossiche per l’uomo, ma quelle in
grado di legarsi al tessuto intestinale possono causare problemi, come quelle
che si trovano nei cereali, legumi e alcune solanacee come pomodori e patate.
La maggior parte delle lectine sono relativamente resistenti alla cottura e
alla digestione e sono state ritrovate intatte nel tratto intestinale umano e
animale.
Inoltre, negli
animali, le lectine dei legumi e cereali, quando si legano all’epitelio
intestinale, causano distruzione cellulare e aumento della permeabilità.
Oltre a ciò,
facilitano la proliferazione dei batteri Gram-negativi che possono in teoria
contribuire all’endotossiemia e quindi all’attivazione dei recettori Toll-like
attraverso la tossina LPS.
Forse ancora
più importante, in modelli animali, è stato rilevato che una lectina che si
trova nel frumento (WGA) e una lectina che si trova nei fagioli (PHA), sono in
grado di attraversare rapidamente la parete intestinale, e lectine di pomodori
e arachidi, sono state rilevate nella circolazione sistemica nell’uomo, in
seguito al consumo di succo di pomodoro e arachidi tostate.
Queste
scoperte possono essere rilevanti, perché le lectine sono in grado di ancorarsi
ad ogni tipo cellulare, vista la loro abilità nel legare le strutture
glicosilate.
Studi in vitro hanno dimostrato che le lectine
sono in grado di legare anche i recettori della leptina e dell’insulina e
quindi teoricamente favorire l’insulino e la leptino-resistenza.
Peraltro le
lectine delle lenticchie, fagioli, piselli e frumento potenzialmente aumentano
la produzione di citochine infiammatorie quali IL-12, IL-2 e interferone gamma,
in cellule in coltura, e WGA stimola la produzione di TNF alfa in vitro, e l’attivazione delle
piastrine.
A questo
riguardo, anche se questa catena di eventi non è stata ancora dimostrata in vivo, dovrebbe essere menzionato che
l’olio di arachidi è stato inaspettatamente dimostrato essere altamente
aterogenico in ratti, conigli e primati e che la riduzione del suo contenuto in
lectine riduceva la sua aterogenicità.
È interessante
notare, che uno studio sull’uomo ha rilevato un tendente aumento della
mortalità cardiovascolare nel gruppo che assumeva più fibre, che erano fornite
principalmente da cereali.
Un’altra
classe di antinutrienti che può aumentare la permeabilità intestinale e quindi
l’endotossiemia nell’uomo, sono le saponine, che si trovano in alcuni cereali,
legumi e alcune solanacee (patate e pomodori verdi).
Queste
sostanze sono costituite da uno zucchero(glucosio, galattosio ecc…) e un
aglicone (molecola non zuccherina).
Legandosi alle
molecole di colesterolo nelle membrane delle cellule, l’aglicone distrugge la
barriera intestinale e aumenta la permeabilità.
Sfortunatamente,
gli effetti delle lectine e delle saponine, sulla permeabilità intestinale,
endotossiemia e infiammazione, sono stati ancora poco studiati nell’uomo da
permetterci di trarre conclusioni significative.
Le nuove
procedure di raffinazione, come estremo calore, ionizzazione pastorizzazione e
sterilizzazione, possono anch’esse promuovere l’infiammazione cronica
attraverso la glicazione non enzimatica e l’ossidazione di proteine e lipidi,
nei cibi comunemente consumati.
Questo
complesso gruppo di composti chiamati prodotti avanzati della glicazione
(AGEs), e prodotti finali dell’ossidazione avanzata di lipidi (ALEs), una volta
assorbiti nella circolazione sistemica possono avere effetti deleteri sulla
salute, attraverso la modificazione di proteine e lipidi, (come ad esempio
l’ossidazione e la glicazione delle LDL) e forse indirettamente attraverso il
recettore per gli AGEs (RAGE).
È rilevante,
che nelle malattie croniche, potrebbe
essere la possibile interazione di AGEs e ALEs con il recettore RAGE, ad
attivare le vie di trasduzione del segnale che portano all’attivazione di NFkB
e altri fattori di trascrizione, che aumentano l’espressione di endotelina-1,
angiotensina II, molecole di adesione e citochine.
Gli effetti
degli AGE e ALE sono senza dubbio più pronunciati nei diabetici in cui la
patologia stessa è responsabile della formazione endogena degli AGEs dovuta
all’iperglicemia.
Tuttavia in
pazienti diabetici, un’elevata assunzione di AGE è stata associata ad elevati
livelli di proteina C reattiva, TNF alfa e molecole di adesione endoteliale
(VCAM-1).
Al contrario
sempre in pazienti diabetici, una bassa assunzione di AGE con la dieta, riduce
i livelli sierici degli AGE così come proteina C reattiva, TNF alfa e VCAM-1.
Il contenuto
degli AGE e ALE nei cibi, è altamente influenzato dalle condizioni di
processazione e cottura, incluse temperatura, tempo e umidità.
Di
conseguenza, evitare i cibi processati, la frittura e la cottura alla griglia,
preferendo invece il vapore e la bollitura, può essere un modo ragionevole per
ridurre la formazione di questi composti.
Al di la di
questo, i dati di numerose ricerche convergono in modo quasi univoco, sulla
conclusione che il consumo di cereali integrali, rappresenta una scelta
salutare in quanto è associato numerosi benefici, contro l’obesità, malattie
cardiovascolari, diabete di tipo 2, ipertensione e cancro del colon-retto (16,17,18,19).
Secondo un
recente articolo, uno dei meccanismi che possono essere responsabili dei benefici
dei cereali integrali è la loro capacità di abbassare la glicemia
post-prandiale e la risposta insulinica (20).
Un aspetto
molto interessante è la possibilità di
ottenere un miglioramento del controllo glicemico non solo dopo il
pasto, ma anche in quello successivo.
In questo
studio si sostiene, che i più probabili meccanismi responsabili di questo
fenomeno potrebbero essere sostanzialmente due: l’effetto dell’immediato della
riduzione della glicemia dopo il pasto e la fermentazione dei carboidrati non
digeribili (fibre).
La riduzione
della glicemia dopo il pasto, può essere dovuta al contenuto in fibra
insolubile dei cereali integrali, che riduce la digestione e l’assorbimento dei
carboidrati.
La
fermentazione dei carboidrati non digeribili, produce acidi grassi a catena
corta (come acido acetico, propionico e butirrico), che sono stati associati
alla diminuzione della produzione epatica di glucosio e della concentrazione di
acidi grassi liberi.
È interessante
notare che la concentrazione di acetato è stata rilevata nel sangue a distanza
di 4 ore dal pasto, e il butirrato e il propinato in seguito a 6-15 ore dal
pasto.
Pertanto si può
dedurre, che gran parte degli effetti positivi dei cereali integrali sono
dovuti al maggior contenuto in fibre. Il che diventa determinante nella tipica
dieta dei paesi industrializzati, caratterizzata proprio da un apporto di fibre
troppo basso.
Un aspetto
ancor più interessante a tale proposito, è che la frutta fresca contiene
generalmente il doppio di fibre e che le verdure non amidacee contengono circa
8 volte più fibre rispetto ai cereali integrali (21),
oltre ad avere logicamente un indice glicemico più basso.
Inoltre,
frutta e verdura, sono molto più ricche dal punto di vista nutrizionale, perché
contengono più vitamine, minerali e fitochimici; oltre ad esercitare i positivi
effetti alcalinizzanti sul pH (vedi equilibrio acido-base), al contrario dei
cereali, che sono invece acidificanti.
Pertanto i
cereali integrali, anche se apportano gli evidenti benefici evidenziati dalla
ricerca, non sono un alimento essenziale, e per i motivi precedentemente
spiegati, la loro sostituzione con frutta e verdura potrebbe esercitare effetti
ancora migliori sulla salute.
D’altra parte,
gli studi sui cacciatori-raccoglitori del paleolitico, dimostrano che i cereali
erano pressoché assenti nella dieta dell’uomo e che i carboidrati erano forniti
dall’abbondanza di frutta e verdura.
Un altro
aspetto interessante è che questi alimenti danno un elevato senso di sazietà e
sono meno densi dal punto di vista energetico rispetto ai cereali. Questo
significa che pur mangiandone a sazietà è possibile avere un maggior controllo
sull’assunzione di carboidrati, un aspetto interessante visto che alcune
diete povere di carboidrati sono state definite tra le migliori strategie
alimentari per la salute cardiovascolare e la regolazione del peso corporeo (22).
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