mercoledì 1 gennaio 2014

Cereali, legumi, latticini e indice glicemico- Discordanza evoluzionistica- alimentazione 03









Durante l'età della pietra, gli uomini si nutrivano esclusivamente con gli alimenti che potevano cacciare e raccogliere dal loro ambiente di vita, così com'erano. I cereali presenti a quei tempi in forma selvatica erano disponibili stagionalmente e non essendoci campi coltivati, erano difficili da reperire in quantità e da lavorare.
La scoperrta dell’agricoltura ha determinato un cambiamento radicale dell’alimentazione con l’introduzione consistente e come base alimentare per tutto il periodo dell’anno dei cereali nella dieta umana.
Se da un  lato questo ha permesso di creare una nuova era in cui ha potuto avere inizio lo sviluppo della civiltà, dall’altro secondo  O’keefe et al.,  si è riscontrato un peggioramento delle condizioni di salute.
L’alimentazione a base di cereali infatti, risultava essere troppo povera dal punto di vista nutrizionale in confronto a quella adottata dai cacciatori-raccoglitori, che si nutrivano con abbondanti frutta, verdura e cibi animali.
In coincidenza, evidenze archeologiche dimostrano che in corrispondenza dell’avvento dell’agricoltura si sono verificati una riduzione dell’aspettativa di vita e della statura, con aumento della mortalità infantile, osteoporosi, rachitismo e carenze di vari minerali e vitamine (1).
Con il passare dei secoli, nuovi processi di lavorazione hanno prodotto cereali sempre più raffinati, fino ad arrivare agli zuccheri sintetici, quindi con un  elevato indice glicemico.
Il carico glicemico è un concetto che è stato introdotto successivamente all’indice glicemico, dettato dall’esigenza di avere un quadro più chiaro dell’effetto metabolico che può causare un alimento e corrisponde al prodotto dell’indice glicemico per la quantità di carboidrati contenuti nell’alimento preso in esame,  (infatti un alimento può avere un indice glicemico elevato e nonostante ciò avere un carico glicemico più basso per il semplice fatto che contiene pochi carboidrati, come ad esempio nel caso delle carote bollite).
L’assunzione elevata di questi alimenti causa rapide variazioni dei livelli di insulina e della glicemia, che possono causare un ritorno anticipato della fame e un aumento della concentrazione di acidi grassi liberi.

A tale proposito Ludwig et al. (2), hanno dimostrato che pasti con differente composizione, determinano effetti completamente diversi sul metabolismo, sulla percezione della fame e sull'assunzione di cibo, pur apportando la stessa quantità di energia.
Infatti è stato rilevato che adolescenti obesi assumevano il 53% di energia in più in seguito al consumo di un pasto a base di avena istantanea (quindi con un elevato indice glicemico), rispetto ad un pasto isocalorico a base di avena integrale (a medio indice glicemico) e ancor più interessante, l'assunzione energetica era maggiore dell' 81% in seguito all'assunzione di due pasti ad elevato indice glicemico a base di avena istantanea, rispetto a due pasti equivalenti dal punto di vista energetico, ma a base di frutta, frittata e  verdure. 

Sono inoltre state monitorate la glicemia e le concentrazioni ormonali, dove la concentrazione di insulina era più elevata in seguito al pasto ad elevato indice glicemico a causa del rapido assorbimento del glucosio. Al contrario la concentrazione plasmatica di glucagone era soppressa, molto probabilmente a causa del basso contenuto in proteine e dell'effetto inibitorio dell'insulina. Complessivamente in condizioni normali questo determina l'assunzione di glucosio da parte del muscolo e del fegato e del tessuto adiposo, contemporaneamente all'inibizione della lipolisi e della produzione epatica di glucosio.

Pertanto la glicemia era minore in seguito al consumo del pasto ad elevato indice glicemico rispetto a quello a medio indice glicemico. Di conseguenza il ritorno anticipato della fame (generalmente di alimenti dolci) può essere visto come un tentativo dell'organismo per ripristinare l'omeostasi energetica, determinando così un ulteriore peggioramento della situazione.

Elevate concentrazioni di glucosio e insulina sono state associate ad un incremento del rischio cardiovascolare, tra cui un aumento dello stress ossidativo e della glicosilazione delle proteine, ipertensione, riduzione della funzione endoteliale e alterazione del profilo lipidico (3).
Più precisamente è stato dimostrato che l’aumento del consumo di alimenti ad elevato indice glicemico e  carico glicemico, aumenta  il colesterolo LDL e la concentrazione plasmatica di trigliceridi, mentre diminuisce il colesterolo HDL (4).
Inoltre, vi sono crescenti evidenze che associano questo tipo di diete, ad un possibile aumento della secrezione di citochine proinfiammatorie quali TNF alfa, IL-6 e IL-18 (5) e del rischio di diabete di tipo 2 (6,23).
Pertanto, l’iperglicemia acuta postprandiale è stata riconosciuta come un fattore di rischio cardiovascolare più importante dell’iperglicemia a digiuno (24).
Al contrario una dieta a basso indice glicemico e carico glicemico ha importanti effetti protettivi nel miglioramento del profilo lipidico e del rischio cardiovascolare, ed è stato dimostrato essere una misura efficace nella riduzione dell’obesità, del colesterolo LDL (7) e nel miglioramento dell’attività fibrinolitica (8).

Alla luce dei dati evidenziati dalla ricerca, anche la vecchia piramide alimentare è stata rivisitata. Le attuali raccomandazioni consigliano pertanto di limitare il consumo di carboidrati raffinati e di seguire un’alimentazione ricca di cereali integrali, frutta e verdura.




Un altro parametro importante, ma meno considerato, è l’indice insulinemico, che corrisponde alla capacità di un alimento di innalzare i livelli di insulina nel sangue.
È interessante notare che un basso carico glicemico non necessariamente corrisponde sempre ad un basso indice insulinemico. È il caso ad esempio del latte e alcuni suoi derivati, come lo yogurt che malgrado il basso indice glicemico, hanno un indice insulinemico simile a quello del pane bianco(Tab.4).


Alimento
Indice glicemico
Indice insulinemico

Pane bianco
Lattosio
Latte
Yogurt


100
68+-8
30+/-4
15+/-3

100
50+/-6
90+/-8
98+/-11

Tabella 4- Indice glicemico e indice insulinemico di  latte e yogurt paragonati al pane bianco (9).



Un’elevata assunzione di alimenti insulinotropici, oltre all’eccessiva stimolazione dell’insulina, causa anche l’aumento della produzione del fattore di crescita insulino- simile (IGF-1), con conseguente aumento del segnale di insulina e IGF-1 (IIS).

Il IIS è un percorso neuroendocrino che si è conservato attraverso la filogenesi e regola meccanismi di risposta coinvolti nella regolazione della longevità e del metabolismo.
Questo processo è stato analizzato nel nematode C. elegans, dove l'attivazione di DAF-2 (recettore di IGF-1 e insulina), innesca una cascata di eventi che porta all’attivazione di AGE-1 (omologo al PI3K) e delle serin/treonin chinasi a valle (PDK-1,AKT-1 e AKT-2).
Una volta attivate, le AKT-1 e AKT-2, fosforilano il fattore di tracrizione DAF-16 (che è l’omologo delle proteine FoxO) determinandone l’estrusione nel citosol e inattivandolo.
Al contrario in caso di un basso IIS, DAF-16 attivato migra nel nucleo dove può transattivare o inibire centinaia di geni bersaglio (10).
Nei mammiferi, analogamente agli invertebrati, un processo cruciale nella regolazione dei fattori FoxO, è dato dalla fosforilazione AKT-dipendente mediata da IIS. Tuttavia a differenza  degli invertebrati nei mammiferi vi sono 4 isoforme dei fattori FoxO (FoxO1, FoxO3, FoxO4 e FoxO6).
Tutto questo significa che un persistente IIS, porta attraverso una complessa cascata di eventi alla fosforilazione dei fattori FoxO, con conseguente inattivazione.
È interessante notare che le proteine FoxO, sono coinvolte nella regolazione di  una serie di importanti processi fisiologici riguardanti ad esempio l’omeostasi del glucosio, l’angiogenesi, le cellule staminali, le funzioni immunitarie, muscolari e neuronali. Inoltre, in organismi invertebrati, FoxO è stato chiaramente associato ad un aumento della longevità (11).




La tipica dieta dei paesi civilizzati, con l’elevata assunzione di alimenti ad elevato carico glicemico e prodotti caseari insulinotropici, oltre all’eccessiva stimolazione
insulinica, causa l’aumento cronico della produzione del  fattore di crescita insulino simile IGF-1, dove alla luce delle numerose funzioni metaboliche regolate da FoxO e vista l’inattivazione di questi fattori operata dalla sovrastimolazione del IIS, questa condizione  è stata associata ad un aumento del rischio dell’incidenza di alcuni tumori (prostata, seno, colon-retto), diabete di tipo 2 e acne (12).
A conferma di ciò è stato riscontrato, che soggetti con la sindrome di Laron, una malattia genetica che porta ad una severa deficienza del recettore di IGF-1 e alla deficienza congenita di IGF-I, al di là della gravità della loro malattia, non sviluppavano diabete di tipo 2, cancro e acne , mentre al contrario queste malattie risultano essere più frequenti nel caso di patologie caratterizzate invece da un aumento della produzione di IGF-1 e GH.

1.      Diabete: l’eccessivo IIS tipico della dieta occidentale, può contribuire alla diminuzione dei livelli di FoxO nei nuclei delle cellule beta pancreatiche e quindi promuovere stress ossidativo e danno cellulare, con conseguente insorgenza precoce dell’invecchiamento della cellula beta e apoptosi. Nel diabete di tipo 2, alcune conseguenze dello stress ossidativo sono lo sviluppo dell’insulino-resistenza, disfunzione delle cellule beta pancreatiche, intolleranza al glucosio e disfunzione mitocondriale. Inoltre FoxO1 inibisce la proliferazione delle cellule beta pancreatiche e FoxO1 è regolato negativamente dal IIS. Per cui il persistente IIS, induce proliferazione e apoptosi delle cellule beta pancreatiche, laddove l’incremento di questi fenomeni è una caratteristica  del diabete di tipo 2.

2.      Cancro: l’incremento del IIS è stato implicato nello svolgere un importante ruolo nell’aumento del rischio di neoplasie epiteliali, come cancro al seno, alla prostata e all’intestino colon-retto. Il IIS regola la distribuzione nucleare delle proteine FoxO, che sono sempre più considerate l’unico bersaglio cellulare per combattere il cancro, alla luce dei loro effetti proapoptotici e per la loro abilità nel portare all’arresto del ciclo cellulare. Le proteine FoxO sono coinvolte nel controllo dell’angiogenesi, della proliferazione delle cellule staminali, dell’adesione cellulare, della risposta allo  stress ossidativo e dell’immunità innata e acquisita. Lo stress ossidativo è il risultato di uno in uno squilibrio tra la produzione di radicali liberi e antiossidanti, laddove i fattori FoxO intervengono nella riduzione dello stress ossidativo. Inoltre FoxO1, riduce la respirazione mitocondriale e la formazione di radicali liberi. Pertanto l’aumento cronico del IIS, con la consecutiva down-regulation dei livelli nucleari di FoxO, può quindi contribuire all’insorgenza del cancro. A conferma di tutto ciò, è interessante notare che un’indagine mondiale sulla sindrome di Laron, ha rilevato che nessuno su 230 soggetti aveva sviluppato il cancro.

3.      Acne: l’acne è una malattia molto frequente negli adolescenti dei paesi occidentalizzati ed è invece assente nelle popolazioni che seguono una dieta più vicina al modello paleolitico e nei soggetti affetti dalla sindrome di Laron. Come per il diabete di tipo 2 e il cancro, questa malattia è stata associata all’elevato IIS e alla deficienza dei fattori FoxO.


È comunque interessante notare che ancora una volta, questa eccessiva assunzione di alimenti insulinotropici introdotti con la rivoluzione agricola e soprattutto negli ultimi decenni, è una condizione molto recente dal punto di vista evolutivo, dove invece la dieta paleolitica è stata caratterizzata per milioni di anni da un basso IIS.






Un altro alimento quasi assente nella dieta dell’uomo del paleolitico e che oggi invece è fortemente raccomandato sono i cereali integrali.
Tuttavia il consumo cronico questi alimenti, nonostante gli indiscussi benefici del  basso indice glicemico, potrebbe essere associato ad un’alterazione della mucosa intestinale, con conseguente aumento della permeabilità.
Più precisamente in un recente articolo pubblicato su Research Reports in Clinical Cardiology, Carrera-Bastos et al. (13) hanno riportato i motivi per cui un consumo cronico di cereali e legumi può essere dannoso.
Se ne riassumono i contenuti principali.



Una barriera intestinale compromessa, potrebbe aumentare il passaggio di antigeni dal lume alla circolazione periferica, un fenomeno conosciuto come endotossiemia.
Questi  antigeni provenienti dal cibo, virus e batteri, causano l’attivazione dei recettori Toll-like dell’immunità innata, che attraverso una complessa cascata di trasduzione del segnale  porta all’attivazione di fattori trascrizionali, come NFkB che migra nel nucleo cellulare e codifica per citochine infiammatorie, chemochine infiammatorie, molecole di adesione endoteliali, enzimi che producono molecole effettrici, determinando nel complesso la generazione di una risposta infiammatoria.
Pertanto l’endotossiemia di basso grado che è causata da alterazione della permeabilità intestinale, può portare ad un’infiammazione cronica di basso grado che è un fattore alla base delle cosiddette malattie della civilizzazione.
Alcuni fattori che possono contribuire  alla permeabilità intestinale sono: l’assunzione di farmaci antiinfiammatori non steroidei, alcool, alterazioni della flora intestinale e alcune sostanze che si trovano nel frumento, nei legumi ed in alcune solanacee: gliadine, lectine e saponine.
Per cui un consumo cronico di queste sostanze può contribuire all’infiammazione cronica di basso grado.
A questo riguardo recenti evidenze mostrano che alcuni cibi, come crema di latte, burro e zucchero, permettono il passaggio di antigeni dal lume intestinale alla circolazione, portando all’attivazione dei recettori Toll-like.
È interessante notare che in uno studio, questi eventi erano prevenuti attraverso un’elevata assunzione di succo d’arancia, forse perché contiene flavonoidi con proprietà anti infiammatorie e anti radicali liberi.
È stato recentemente scoperto che la gliadina, una prolammina contenuta nel frumento, aumenta la permeabilità intestinale inducendo la produzione di zonulina da parte degli enterociti.
Più precisamente, la gliadina si lega al recettore chemochinico CXCR3 espresso dalle cellule epiteliali dell'intestino e mediante la proteina adattatrice MyD88 induce l'aumento del rilascio di zonulina.
La zonulina, legandosi  al proprio recettore nelle cellule intestinali, determina l'attivazione della fosfolipasi C, che attraverso una cascata di eventi porta all'attivazione della PKCα, che catalizza la fosforilazione di proteine bersaglio che porta complessivamente ad un riarrangiamento della struttura di actina e il conseguente dislocamento delle proteine che compongono le giunzioni serrate (tra cui ZO-1), che porta infine all'aumento della permeabilità intestinale.
Ѐ interessante notare che questo fenomeno che è molto più marcato nei celiaci, interessa anche gli individui normali (14).
Inoltre secondo Visser et al. l'aumento della permeabilità intestinale unita ad altri fattori tra cui la predisposizione genetica, sembrano essere i componenti chiave nella patogenesi delle malattie autoimmuni (15).


La gliadina (che è resistente alla cottura e alla digestione) è in grado di interagire con il tessuto linfoide associato all’intestino, stimolando la risposta immunitaria innata sia nei celiaci come nei non celiaci (invece la risposta immunitaria adattativa è tipica solo dei celiaci). Questi effetti sono più marcati nei celiaci, ma sono presenti anche nei non celiaci.
Per queste ragioni è possibile dedurre che il consumo cronico di frumento, così come avviene nelle società civilizzate, possa portare ad un aumento dell’infiammazione cronica di basso grado.
È interessante notare che il glutine di frumento è stato correlato alla sclerosi multipla, diabete di tipo 1, psoriasi, nefropatia e artrite reumatoide.
Inoltre in una dieta vegana senza glutine, dopo un anno è stato possibile riscontrare una significativa riduzione della malattia e del colesterolo LDL ossidato, in pazienti con artrite reumatoide, e contemporaneamente aumentare le immunoglobuline M contro la fosforilcolina (anti-PC IgM).
Questo può essere rilevante, in quanto bassi livelli di anti-PC IgM sono stati associati alle malattie cardiovascolari.
E ancora, livelli di anti-PC IgM comparati con individui svedesi in salute, sono stati riscontrati essere significativamente più elevati in una popolazione del  Kitawa, che nel momento della misurazione, si alimentavano con pesce, noci di cocco, frutta e tuberi , senza cereali, e prodotti lattiero-caseari, zuccheri e grassi aggiunti, ed erano virtualmente liberi da malattie autoimmuni, osteoporosi, obesità, insulino-resistenza, diabete di tipo2, malattie cardiovascolari e acne.

Le lectine, sono glicoproteine riconosciute essere non tossiche per l’uomo, ma quelle in grado di legarsi al tessuto intestinale possono causare problemi, come quelle che si trovano nei cereali, legumi e alcune solanacee come pomodori e patate. La maggior parte delle lectine sono relativamente resistenti alla cottura e alla digestione e sono state ritrovate intatte nel tratto intestinale umano e animale.
Inoltre, negli animali, le lectine dei legumi e cereali, quando si legano all’epitelio intestinale, causano distruzione cellulare e aumento della permeabilità.
Oltre a ciò, facilitano la proliferazione dei batteri Gram-negativi che possono in teoria contribuire all’endotossiemia e quindi all’attivazione dei recettori Toll-like attraverso la tossina LPS.
Forse ancora più importante, in modelli animali, è stato rilevato che una lectina che si trova nel frumento (WGA) e una lectina che si trova nei fagioli (PHA), sono in grado di attraversare rapidamente la parete intestinale, e lectine di pomodori e arachidi, sono state rilevate nella circolazione sistemica nell’uomo, in seguito al consumo di succo di pomodoro e arachidi tostate.
Queste scoperte possono essere rilevanti, perché le lectine sono in grado di ancorarsi ad ogni tipo cellulare, vista la loro abilità nel legare le strutture glicosilate.
Studi in vitro hanno dimostrato che le lectine sono in grado di legare anche i recettori della leptina e dell’insulina e quindi teoricamente favorire l’insulino e la leptino-resistenza.
Peraltro le lectine delle lenticchie, fagioli, piselli e frumento potenzialmente aumentano la produzione di citochine infiammatorie quali IL-12, IL-2 e interferone gamma, in cellule in coltura, e WGA stimola la produzione di TNF alfa in vitro, e l’attivazione delle piastrine.
A questo riguardo, anche se questa catena di eventi non è stata ancora dimostrata in vivo, dovrebbe essere menzionato che l’olio di arachidi è stato inaspettatamente dimostrato essere altamente aterogenico in ratti, conigli e primati e che la riduzione del suo contenuto in lectine riduceva la sua aterogenicità.
È interessante notare, che uno studio sull’uomo ha rilevato un tendente aumento della mortalità cardiovascolare nel gruppo che assumeva più fibre, che erano fornite principalmente da cereali.

Un’altra classe di antinutrienti che può aumentare la permeabilità intestinale e quindi l’endotossiemia nell’uomo, sono le saponine, che si trovano in alcuni cereali, legumi e alcune solanacee (patate e pomodori verdi).
Queste sostanze sono costituite da uno zucchero(glucosio, galattosio ecc…) e un aglicone (molecola non zuccherina).
Legandosi alle molecole di colesterolo nelle membrane delle cellule, l’aglicone distrugge la barriera intestinale e aumenta la permeabilità.
Sfortunatamente, gli effetti delle lectine e delle saponine, sulla permeabilità intestinale, endotossiemia e infiammazione, sono stati ancora poco studiati nell’uomo da permetterci di trarre conclusioni significative.

Le nuove procedure di raffinazione, come estremo calore, ionizzazione pastorizzazione e sterilizzazione, possono anch’esse promuovere l’infiammazione cronica attraverso la glicazione non enzimatica e l’ossidazione di proteine e lipidi, nei cibi comunemente consumati.
Questo complesso gruppo di composti chiamati prodotti avanzati della glicazione (AGEs), e prodotti finali dell’ossidazione avanzata di lipidi (ALEs), una volta assorbiti nella circolazione sistemica possono avere effetti deleteri sulla salute, attraverso la modificazione di proteine e lipidi, (come ad esempio l’ossidazione e la glicazione delle LDL) e forse indirettamente attraverso il recettore per gli AGEs (RAGE).
È rilevante, che nelle  malattie croniche, potrebbe essere la possibile interazione di AGEs e ALEs con il recettore RAGE, ad attivare le vie di trasduzione del segnale che portano all’attivazione di NFkB e altri fattori di trascrizione, che aumentano l’espressione di endotelina-1, angiotensina II, molecole di adesione e citochine.
Gli effetti degli AGE e ALE sono senza dubbio più pronunciati nei diabetici in cui la patologia stessa è responsabile della formazione endogena degli AGEs dovuta all’iperglicemia.
Tuttavia in pazienti diabetici, un’elevata assunzione di AGE è stata associata ad elevati livelli di proteina C reattiva, TNF alfa e molecole di adesione endoteliale (VCAM-1).
Al contrario sempre in pazienti diabetici, una bassa assunzione di AGE con la dieta, riduce i livelli sierici degli AGE così come proteina C reattiva, TNF alfa e VCAM-1.
Il contenuto degli AGE e ALE nei cibi, è altamente influenzato dalle condizioni di processazione e cottura, incluse temperatura, tempo e umidità.
Di conseguenza, evitare i cibi processati, la frittura e la cottura alla griglia, preferendo invece il vapore e la bollitura, può essere un modo ragionevole per ridurre la formazione di questi composti.



Al di la di questo, i dati di numerose ricerche convergono in modo quasi univoco, sulla conclusione che il consumo di cereali integrali, rappresenta una scelta salutare in quanto è associato numerosi benefici, contro l’obesità, malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2, ipertensione e cancro del colon-retto (16,17,18,19).
Secondo un recente articolo, uno dei meccanismi che possono essere responsabili dei benefici dei cereali integrali è la loro capacità di abbassare la glicemia post-prandiale e la risposta insulinica (20).
Un aspetto molto interessante è la possibilità di  ottenere un miglioramento del controllo glicemico non solo dopo il pasto, ma anche in quello successivo.
In questo studio si sostiene, che i più probabili meccanismi responsabili di questo fenomeno potrebbero essere sostanzialmente due: l’effetto dell’immediato della riduzione della glicemia dopo il pasto e la fermentazione dei carboidrati non digeribili (fibre).
La riduzione della glicemia dopo il pasto, può essere dovuta al contenuto in fibra insolubile dei cereali integrali, che riduce la digestione e l’assorbimento dei carboidrati.
La fermentazione dei carboidrati non digeribili, produce acidi grassi a catena corta (come acido acetico, propionico e butirrico), che sono stati associati alla diminuzione della produzione epatica di glucosio e della concentrazione di acidi grassi liberi.
È interessante notare che la concentrazione di acetato è stata rilevata nel sangue a distanza di 4 ore dal pasto, e il butirrato e il propinato in seguito a 6-15 ore dal pasto.

Pertanto si può dedurre, che gran parte degli effetti positivi dei cereali integrali sono dovuti al maggior contenuto in fibre. Il che diventa determinante nella tipica dieta dei paesi industrializzati, caratterizzata proprio da un apporto di fibre troppo basso.
Un aspetto ancor più interessante a tale proposito, è che la frutta fresca contiene generalmente il doppio di fibre e che le verdure non amidacee contengono circa 8 volte più fibre rispetto ai cereali integrali (21), oltre ad avere logicamente un indice glicemico più basso.
Inoltre, frutta e verdura, sono molto più ricche dal punto di vista nutrizionale, perché contengono più vitamine, minerali e fitochimici; oltre ad esercitare i positivi effetti alcalinizzanti sul pH (vedi equilibrio acido-base), al contrario dei cereali, che sono invece acidificanti.
Pertanto i cereali integrali, anche se apportano gli evidenti benefici evidenziati dalla ricerca, non sono un alimento essenziale, e per i motivi precedentemente spiegati, la loro sostituzione con frutta e verdura potrebbe esercitare effetti ancora migliori sulla salute.
D’altra parte, gli studi sui cacciatori-raccoglitori del paleolitico, dimostrano che i cereali erano pressoché assenti nella dieta dell’uomo e che i carboidrati erano forniti dall’abbondanza di frutta e verdura.

Un altro aspetto interessante è che questi alimenti danno un elevato senso di sazietà e sono meno densi dal punto di vista energetico rispetto ai cereali. Questo significa che pur mangiandone a sazietà è possibile avere un maggior controllo sull’assunzione di carboidrati, un aspetto interessante visto che alcune diete povere di carboidrati sono state definite tra le migliori strategie alimentari per la salute cardiovascolare e la regolazione del peso corporeo (22).
               




BIBLIOGRAFIA






(1) JAMES H. O’KEEFE, LOREN CORDAIN, Cardiovascular Disease Resulting From a Diet and Lifestyle at Odds With Our Paleolithic Genome: How to Become a 21st-Century Hunter-Gatherer,  Mayo Clin Proc. 2004;79, p. 101-102


(2) David S. Ludwig, Joseph A. Majzoub, Ahmad Al-Zahrani, Gerard E. Dallal, Isaac Blanco and Susan B. Roberts,  High Glycemic Index Foods, Overeating, and Obesity, Pediatrics 1999; 1-6


(3) Carrera-Bastos et al., The western diet and lifestyle and diseases of civilization, Research Reports in Clinical Cardiology 2011, p.24


(4) Edgar Denova-Guti´errez et al, Dietary Glycemic Index, Dietary Glycemic Load, Blood Lipids, and Coronary Heart Disease, Journal of Nutrition and Metabolism 2010, pag 1-7


(5) Dario Giugliano et al.,  The Effects of Diet on Inflammation Emphasis on the Metabolic Syndrome, Journal of the American College of Cardiology Vol. 48, No. 4, 2006, pag  680


(6) Dong JY, Zhang L, Zhang YH, Qin LQ., Dietary glycaemic index and glycaemic load in relation to the risk of type 2 diabetes: a meta-analysis of prospective cohort studies. Br J Nutr. 2011 Dec;106(11):1649-54


(7) Jones JL, Park Y, Lee J, Lerman RH, Fernandez ML. A Mediterranean-style, low-glycemic-load diet reduces the expression of 3-hydroxy-3-methylglutaryl-coenzyme A reductase in mononuclear cells and plasma insulin in women with metabolic syndrome. Nutrition Research 2011, Pag 659-664


(8) Elin M Östman, Helena GM Liljeberg Elmståhl, and Inger ME Björck, Inconsistency between glycemic and insulinemic responses to regular and fermented milk products, Am J Clin Nutr 2001 pag 96


(9) Chiuve SE and Willett WC, The 2005 Food Guide Pyramid: an opportunity lost?
Nat Clin Pract Cardiovasc Med  2007 4: 610–620


(10) Elin M Östman, Helena GM Liljeberg Elmståhl, and Inger ME Björck, Inconsistency between glycemic and insulinemic responses to regular and fermented milk products, Am J Clin Nutr 2001 pag 98; (modificato).


(11) Sri Devi Narasimhan, Kelvin Yen, Ankita Bansal, Eun-Soo Kwon, Srivatsan Padmanabhan, Heidi A.Tissenbaum, PDP-1 Links the TGF-b and IIS Pathways to Regulate Longevity, Development, and Metabolism, PLoS Genetics 2011, pag. 1


(12) Dervis A M Salih and Anne Brunet, FoxO transcription factors in the maintenance of cellular homeostasis during aging, Curr Opin Cell Biol. 2008, p. 8


([13]) Sri Devi Narasimhan, Kelvin Yen, Ankita Bansal, Eun-Soo Kwon, Srivatsan Padmanabhan, Heidi A.Tissenbaum, PDP-1 Links the TGF-b and IIS Pathways to Regulate Longevity, Development, and Metabolism, PLoS Genetics 2011, pag. 10 (modifocato).


(14) Dervis A M Salih and Anne Brunet, FoxO transcription factors in the maintenance of cellular homeostasis during aging, Curr Opin Cell Biol. 2008, p. 15, (modificato).


(15) Dervis A M Salih and Anne Brunet, FoxO transcription factors in the maintenance of cellular homeostasis during aging, Curr Opin Cell Biol. 2008, p. 16


(16) Bodo C Melnik, Swen Malte John and Gerd Schmitz, Over-stimulation of insulin/IGF-1 signaling by western diet may promote diseases of civilization: lessons learnt from laron syndrome,  Nutrition & Metabolism 2011 pag 1


(17) Melnik et al. Over-stimulation of insulin/IGF-1 signaling by western diet may promote diseases of civilization: lessons learnt from Laron syndrome,  Nutrition & Metabolism 2011 pag 1 Nutrition & Metabolism 2011, pag. 1-4 (modificato).


(18) Carrera-Bastos et al., The western diet and lifestyle and diseases of civilization, Research Reports in Clinical Cardiology 2011 pag 22-23

(19) Drago S, El Asmar R, Di Pierro M, Grazia Clemente M, Tripathi A, Sapone A, Thakar M, Iacono G, Carroccio A, D'Agate C, Not T, Zampini L, Catassi C, Fasano A, Gliadin, zonulin and gut permeability: Effects on celiac and non-celiac intestinal mucosa and intestinal cell lines. Scand J Gastroenterol. 2006 Apr;41(4):408-19.


(20) Jeroen Visser, Jan Rozing, Anna Sapone, Karen Lammers, Alessio Fasano, Tight Junctions, Intestinal Permeability, and Autoimmunity Celiac Disease and Type 1 Diabetes Paradigms, Ann N Y Acad Sci. 2009 May ; 1165: 195–205


(21) Jeroen Visser, Jan Rozing, Anna Sapone, Karen Lammers, Alessio Fasano, Tight Junctions, Intestinal Permeability, and Autoimmunity Celiac Disease and Type 1 Diabetes Paradigms, Ann N Y Acad Sci. 2009 p.16


(22) Mellen PB, Walsh TF, Herrington DM. Whole grain intake and cardiovascular disease: a meta-analysis. Nutr Metab Cardiovasc Dis. 2008: 283-90


(23) McKeown NM, Meigs JB, Liu S, Wilson PW, Jacques PF. Whole-grain intake is favorably associated with metabolic risk factors for type 2 diabetes and cardiovascular disease in the Framingham Offspring Study. Am J Clin Nutr. 2002: 390-8


(24) Lutsey PL et al., Whole grain intake and its cross-sectional association with obesity, insulin resistance, inflammation, diabetes and subclinical CVD: The MESA Study. Br J Nutr. 2007, p. 397-405


(25) Rafael Borneo, Alberto Edel  Leòn, Whole grain cereals: functional components and health benefits, The Royal Society of Chemistry 2011, p. 1


(26) Janine A. Higgins, Whole Grains, Legumes, and the Subsequent Meal Effect: Implications for Blood Glucose Control and the Role of Fermentation, Journal of Nutrition and Metabolism 2012, p. 1-5


(27) Cordain et al., Origins and evolution of the Western diet: health implications for the 21st century,  Am J Clin Nutr 2005, p.350


(28) Volek JS, Fernandez ML, Feinman RD, Phinney SD. Dietary carbohydrate restriction induces a unique metabolic state positively affecting atherogenic dyslipidemia, fatty acid partitioning, and metabolic syndrome. Prog Lipid Res. 2008 Sep;47(5):307-18

(23)Dervis A M Salih and Anne Brunet, FoxO transcription factors in the maintenance of cellular homeostasis during aging, Curr Opin Cell Biol. 2008, p. 16

 (24)Edgar Denova-Guti´errez et al, Dietary Glycemic Index, Dietary Glycemic Load, Blood Lipids, and Coronary Heart Disease, Journal of Nutrition and Metabolism 2010, pag 1-7

Nessun commento:

Posta un commento