mercoledì 1 gennaio 2014

Carne, pesce e proteine - discordanza evoluzionistica - alimentazione 04









Le proteine svolgono diverse funzioni fondamentali quali funzione plastica, energetica e di regolazione.
Comunque le proteine alimentari non sono tutte uguali, il loro valore nutrizionale infatti si misura in base alla quantità di amminoacidi essenziali di cui sono composte.
In realtà l’organismo umano è in grado di sintetizzare tutti gli amminoacidi tranne alcuni, chiamati appunto amminoacidi essenziali, che per questo motivo devono essere assunti con l’alimentazione.
Dal momento che il valore nutritivo di una proteina dipende essenzialmente dalla composizione in amminoacidi, proteine di diversa origine hanno differenti valori nutritivi.
Pertanto la questione del valore nutrizionale delle proteine non può prescindere dagli amminoacidi essenziali, che sono forniti in modo completo, solamente dalle proteine animali, parlando in termini di singoli alimenti. Ne consegue che esse hanno un valore biologico maggiore di quelle vegetali.
La quantità giornaliera di proteine raccomandata per un adulto sedentario è di 0,8 g per kg di peso corporeo al giorno, che aumentano a 1.4-2 g per kg di peso corporeo al giorno in caso di attività fisica.
Secondo uno studio inoltre, le raccomandazioni standard potrebbero non essere sufficienti per soggetti anziani, che beneficerebbero invece di 1,6 g/kg al giorno di proteine e attività fisica per prevenire la perdita muscolare ([i]).
Tuttavia nella dieta pre-agricoltura, la quota proteica era più elevata rispetto a quanto  oggi viene raccomandate. Comunque  vi sono crescenti evidenze che indicano che diete con un assunzione proteica  al di sopra delle raccomandazioni, permettono di migliorare il profilo lipidico nel sangue, la sensibilità all’insulina e sono un potente alleato contro l’ipertensione, la sindrome metabolica e nella riduzione del peso corporeo ([ii],[iii]).
Uno studio compiuto su due gruppi di individui con patologie vascolari, in cui erano nutriti in modo isocalorico rispettivamente con la dieta paleolitica e la dieta mediterranea, ha rilevato che la dieta paleolitica risulta più saziante della dieta mediterranea([iv]).L’effetto saziante non è dovuto solo all’elevata quantità di fibre e alla restrizione dei carboidrati, ma anche alle proteine, che oltre a determinare un effetto termogenico doppio, sono anche più sazianti rispetto agli altri alimenti; e questo può diventare un importante vantaggio in caso di patologie da  eccesso alimentare.
Inoltre è stato dimostrato che diete con un’assunzione di proteine più elevata permettono di ridurre la concentrazione plasmatica di omocisteina ([v]). È interessante notare che nell’uomo l’iperomocisteinemia è stata riconosciuta come un indipendente fattore di rischio cardiovascolare, inoltre è stata associata all’insulino-resistenza in vitro ([vi]).

In questo caso gli alimenti proteici ancestrali riguardavano carne, pesce e uova.
Mangiare carne (principalmente le carni rosse) viene spesso considerato non salutare, soprattutto dal punto di vista delle malattie cardiovascolari e tumori.
Tuttavia non è la quantità di carne mangiata ma la composizione e i metodi di cottura a fare della carne un alimento salutare o meno.
Infatti, non sono le proteine ad esercitare questi effetti dannosi, bensì l’elevata quantità e l’alterato profilo lipidico delle carni disponibili oggi, provenienti per la maggior parte da animali allevati in modo non naturale e nutriti con mangimi e cerali.
La carne degli animali selvatici invece contiene livelli di grasso più bassi, con un profilo lipidico qualitativamente migliore rispetto a quella degli animali allevati.

Questo perché  gli animali si nutrivano in modo spontaneo e naturale con quantità elevate di alghe foglie ed erba (contenenti seppur in piccola quantità grassi omega 3), che conferivano alla carne e al pesce un profilo di omega 3 più  elevato, soprattutto per gli animali di grossa taglia. Inoltre i grassi saturi negli animali da allevamento sono dalle 2-3 volte maggiori rispetto agli animali selvatici([xvii]).

Paradossalmente infatti  alcune ricerche antropologiche hanno registrato bassi livelli di trigliceridi, colesterolo sierico, e malattie cardiovascolari in alcune popolazioni indigene che traevano sostentamento principalmente da cibi animali ([vii]).

Per quanto riguarda l’argomento carne e tumori, da studi epidemiologici è stata rilevata un’associazione tra un consumo più elevato di carne rossa e l’aumento dell’incidenza di alcuni tipi di tumore ([viii]).
Tuttavia sembra che tale associazione sia dovuta al metodo di cottura delle carni rosse e ai conservanti (nitriti e nitrati nelle carni processate) ([ix],[x]) e non alla carne di per sé.
Infatti la cottura delle carni rosse a temperature elevate produce ammine eterocicliche, che sono cancerogene.
Per metodi di cottura ad elevate temperature si intendono per esempio carni fritte e alla griglia, nonché il grado di doratura che si conferisce all’alimento ([xi]).

Nella produzione delle carni processate come ad esempio gli  insaccati vengono comunemente utilizzati dei conservanti, tra cui i nitriti che sono cancerogeni.
Senza escludere i pericoli di possibili eventuali pratiche non a norma messe in atto da allevatori senza scrupoli alla ricerca esasperata del profitto.

Un altro aspetto molto discusso dai fisiologi e che necessita ancora di chiarimenti è l’eventuale effetto dannoso di una dieta  iperproteica su fegato e reni.
Il rene e il fegato infatti giocano un ruolo centrale nel metabolismo delle proteine.
Ci si chiede pertanto se, e a quali dosi, è possibile che possano provocare eventuali danni.
Per quanto riguarda i reni, incrementi dell’assunzione di proteine sembrano non avere effetti avversi in individui con reni sani ([xii]-[xiii]).
A tale proposito uno studio ha valutato la funzione renale in 68 soggetti (senza preesistenti disfunzioni renali) sottoposti ad un programma dietetico per la riduzione dell’obesità addominale.
Il campione è stato suddiviso in due gruppi, che hanno seguito rispettivamente due diversi modelli  alimentari con restrizione calorica; uno a bassissimo contenuto di carboidrati (4% di carboidrati,35% di proteine e 61% di grassi), l’altro ad un contenuto in carboidrati più elevato (carboidrati 46%,  proteine 24%, grassi 30% dell’energia totale).
In seguito ad un periodo di 1 anno, sono stati rivalutati i parametri ed è stato concluso che  entrambe le diete non alterano la funzione renale a lungo termine in soggetti senza preesistenti disfunzioni ([xiv]).
Al contrario in soggetti in cui la funzionalità renale è compromessa, come ad esempio la nefropatia diabetica, l’assunzione di proteine​​ è un fattore che può influenzare il deterioramento del rene, per cui limitarne l'apporto in questo caso può contribuire a rallentare l’insufficienza renale ([xv]).

Per quanto riguarda il fegato invece, sono stati stimati valori, al di là dei quali l’assunzione di proteine potrebbe essere eccessiva e determinare quindi effetti tossici, riassumibili nei sintomi della cosiddetta fame da coniglio, (nausea diarrea e in casi estremi morte) così chiamata dai primi esploratori del nord America, che erano costretti a cibarsi quasi esclusivamente di carne magra.
La ragione di tutto ciò è determinata dal limite epatico nella sintesi di urea, corrispondente all’assunzione di circa 2.6-3.6 g di proteine per kg di peso corporeo al giorno ([xvi]).
Come nel caso dei primi pionieri del nord America, se  ci si alimentasse esclusivamente con carni magre, si potrebbe  andare oltre alle capacità epatiche di eliminare azoto e quindi incorrere nei sintomi precedentemente descritti.



BIBLIOGRAFIA


([i]) William J. Evans,  Protein Nutrition, Exercise and Aging, Journal of the American College of Nutrition, 2004 pag 601S

([ii]) Donald K. Layman, Protein Quantity and Quality at Levels above the RDA Improves Adult Weight Loss, Journal of the American College of Nutrition, Vol. 23, No. 6, 631S–636S (2004),pag. 631


([iii]) Nancy F. Krebs et al., Efficacy and Safety of a High Protein, Low Carbohydrate Diet for Weight Loss in Severely Obese Adolescents, Pediatr. 2010 ; 157(2): pag 7


([iv]) Jönsson et al., A paleolithic diet is more satiating per calorie than a mediterranean-like diet in individuals with ischemic heart disease, Nutrition & Metabolism 2010, p.9


([v]) Czajkowska A, Lutosławska G, Mazurek K, Ambroszkiewicz J., Plasma homocysteine level and selected dietary habits in young healthy men, Rocz Panstw Zakl Hig. 2009;60(1):85-9.


([vi]) Czajkowska A, Lutosławska G, Mazurek K, Ambroszkiewicz J, Zmijewski P., Plasma homocysteine levels, physical activity and macronutrient intake in young healthy men, Pediatr Endocrinol Diabetes Metab. 2011;17(1):30-4


([vii]) L. Cordain et al. , The paradoxical nature of hunter-gatherer diets: meat-based, yet non-atherogenic  European Journal of Clinical Nutrition 2002, pag .46


([viii]) Tavani A, La Vecchia C, Gallus S, Lagiou P, Trichopoulos D, Levi F, Negri E. Red meat intake and cancer risk: a study in Italy. Int J Cancer. 2000 May 1;86(3):425-8


([ix]) Amanda J. Cross, Leah M. Ferrucci, Adam Risch, et al, A Large Prospective Study of Meat Consumption and Colorectal Cancer Risk: An Investigation of Potential Mechanisms Underlying this Association, Cancer. 2010, pag 2406


([x]) Ferrucci et al. Meat and components of meat and the risk of bladder cancer in the NIH-AARP Diet and Health Study, pag 1


([xi]) S. Rohrmann et al , Cooking of meat and fish in Europe, European Journal of Clinical Nutrition  2002, pag 1228


([xii]) Beasley JM, Aragaki AK, LaCroix AZ, Neuhouser ML, Tinker LF, Cauley JA, Ensrud KE, Jackson RD, Prentice RL. Higher biomarker-calibrated protein intake is not associated with impaired renal function in postmenopausal women.   J Nutr. 2011 1502-7.


([xiii]) Skov AR, Toubro S, Bülow J, Krabbe K, Parving HH, Astrup A. Changes in renal function during weight loss induced by high vs low-protein low-fat diets in overweight subjects. Int J Obes Relat Metab Disord. 1999 ; 1170-7


([xiv]) Brinkworth GD, Buckley JD, Noakes M, Clifton PM. Renal function following long-term weight loss in individuals with abdominal obesity on a very-low-carbohydrate diet vs high-carbohydrate diet. J Am Diet Assoc. 2010 Apr;110(4):633-8.


([xv]) Gin H, Rigalleau V, Aparicio M. Lipids, protein intake, and diabetic nephropathy. Diabetes Metab. 2000,pag 45-53.


([xvi]) Loren Cordain, Janette Brand Miller, S Boyd Eaton, Neil Mann, Susanne HA Holt, and John D Speth, Plant-animal subsistence ratios and macronutrient energy estimations in worldwide hunter-gatherer diets, Am J Clin Nutr 2000;688-689

([xvii)]Cordain L, Watkins BA, Florant GL, Kelher M, Rogers L, Li Y. Fatty acid analysis of wild ruminant tissues: evolutionary implications for reducing diet-related chronic disease. Eur J Clin Nutr.2002;56:181-191.


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